La mia potrebbe essere definita parte della poesia popolare, sempre legata a forme della vita pratica, che trae la sua ispirazione dalla sua funzionalità. In realtà la sua funzionalità è legata ai ricordi, quindi al passato, e il tempo è il ponte che lega il passato col presente. Il futuro? Esiste nella sua intangibilità fino a quando non lo sperimentiamo e quando lo facciamo esso è ormai presente. Il tempo, dunque, è la misura tra oggi ed ieri, non tra oggi e domani. La misura tra oggi e domani è il tempo che verrà che non si basa sul vissuto e potrebbe anche essere mai vissuto. E i ricordi, per chi ha la fortuna di una buona memoria e una buona dose di umiltà, possono essere il monito da cui l'uomo ricava lezioni per evitare gli errori e migliorare se stesso, ma possono anche essere una dolce fonte a cui attingere per tarrre ispirazione e suscitare le forti emozioni che si riversano volendo come una cascata nella poesia. La poesia è dunque tutta emozionale capace, cioè, di far fremere il nostro cuore, di creare quei brividi di piacevoli sensazioni che danno un benessere spirituale, non dico per forza fisico. Ma non è quello che ci affanniamo a cercare dunque nella vita? Il benessere dello spirito?
I ricordi della mia vita da ragazzo a Napoli
I quartieri popolari di Cavalleggeri d'Aosta, di Agnano, di Bagnoli (ai tempi dell'Italsider, dell'Hotel Tricarico e della vicina Nato in cui ho fatto il militare), di Campi Flegrei. La scuola elementare dei Padri Scolopi di Via Lepanto (dopo la stazione della Cumana) a Fuorigrotta, la scuola Media a Bagnoli, le Superiori al Salvator Rosa di Piazza Cavour e al Vilfredo Pareto di Pozzuoli, l' Università Federico II° cominciata e...mai finita, i miei amorucci giovanili, i cinema di Piazza Carità in cui non si andava per vedere films ma per pomiciare con la ragazza di turno, i miei sogni e le mie speranze, intrecciate ai sogni e alle speranze della mia famiglia composta da quattro fratelli e due sorelle, da mio padre Emilio che essendo nato nel 1903 ha vissuto direttamente le tragedie delle due guerre mondiali, da mia madre Emanuela devota ma votata ai sacrifici come tutte le mamme del mondo, si fondono e si confondono con le storie di vita di quei quartieri e gli accadimenti storici di una Napoli degli anni 60/70. Tali ricordi hanno ispirato parte delle mie opere.
Ma anche gli oltre 40 anni di ligure d'adozione non potevano non influenzare la mia ruspante poesia, verace (qualcuno direbbe) come un'albicocca o una "percoca" (specie di pesca gialla, grossa, succosa, saporita con un osso rosso e butterato da cui si distacca facilmente la polpa) delle fertili terre vesuviane.
In realtà non mi sono mai allontanato dalla mia città, perchè Napoli vive nei miei ricordi che, chissà per quale strano artificio, diventano più forti e chiari con l'approssimarsi della vecchiaia. Più volte vi ritorno perchè lì sono ancora le mie sorelle e i fratelli e i nipoti ma ogni ritorno è un tuffo nella storia, nella storia mia e della famiglia, è un tuffo nei ricordi che si rigenerano.
All'attento lettore non potrà sfuggire il processo di maturazione tra la prima poesia del 2008 e via via fino a quelle più recenti in cui le tracce del "vissuto" sono più evidenti, proprio come il processo di maturazione dei sopracitati frutti che passano dall' acerbità alla squisitezza.
Nella parte "Neapolis" dedicata alla Napoli degli anni '60/'70 gli over 60 di oggi
troveranno, spero con piacere, comuni ricordi di quella che fu una città operaia e operosa, lontana dagli stereòtipi odierni, spesso ignobili ed offensivi, di città violenta e aggressiva con micro-criminalità diffusa che sono poi i medesimi stereòtipi di altre città come Torino, Milano, Genova, Roma, ecc. Purtroppo da Nord a Sud paghiamo un po' tutti le conseguenze della globalizzazione selvaggia e di penuria di lavoro che foraggiano alla grande la delinquenza.
Marc è l'acronimo di Mario Cutolo e Ventura è il cognome di mamma, un piccolo omaggio al suo indelebile ricordo quale segno di rispetto e devozione.
Sarò sempre grato a Lei se, nonostante le avversità della vita, ho conservato un po' di fede. Quella fede che ha avuto origini in quella stupenda, sia pure piccola, chiesetta di S.Maria Solitaria e dei Santi Antonio e Isidoro (più brevemente da tutti conosciuta come Chiesa di S. Antonio) in Via Diocleziano (quella che dalla stazione ferroviaria dei Campi Flegrei porta al quartiere di Cavalleggeri d' Aosta), che aveva annesso un piccolo Convento di suore, era la Chiesetta della mia mamma e quindi anche la mia. Ricordo che quella Via Diocleziano era allora percorsa dalla coppia di binari del Tram n. 1. Quel Tram che dal Dazio di La Pietra a Bagnoli portava addirittura al cimitero di Capodichino in un viaggio unico, diretto ed epico che attraversava tutta Napoli. Che peccato che gli Amministratori pubblici, in nome di una presunta modernità, sacrifichino cose così storiche e importanti per una città. I Tram come i Filobus di colore verde (verde come il colore della natura incontaminata) degli anni '60 sono realtà che dovrebbero tornare, proprio oggi che ci si lamenta dell'inquinamento da idrocarburi, gridatelo o' napoletani ai Vostri politici.
Marc Ventura